3 ottobre 2017

quando muore un poeta...

Pierluigi Cappello ha illuminato molti momenti difficili di questi miei ultimi anni
E l'ha fatto con precisione e tenerezza...
quello che provo oggi per lui è affetto e gratitudine

11 luglio 2017

intenzioni














aiutiamoli a casa loro

6 gennaio 2017

quella mattina



Camminavo, quella mattina, con lo sguardo a terra, come quando si percorrono strade conosciute e tutto sembra scontato.
Odori, suoni, colori.
Le strade che si intersecano, lunghe e strette. Le case, quella casa… di un colore instabile, un avventuroso fai-da-te restituisce diverse tonalità di giallo. L’altra, che ha la forma di un triangolo isoscele e sempre mi fa immaginare stanze appuntite…
Sembra tutto già noto.
Quella mattina io ero dentro a giorni storti, dentro fino al collo…
E  quando gira così mi sento immeritevole di qualunque cosa, soprattutto della meraviglia e dello stupore. E camminavo con lo sguardo a terra.
Poi però ho alzato la testa a controllare l’umore del cielo, e questo ho visto
I peluches stesi ad asciugare. E quella casa, di colpo, ha cessato di essere scontata.
Un’immagine così. Una tenerezza penetrante. Un semplice gesto di cura che andava ad aggiungersi ad altri, forse dati per scontati. 

L’amorevole attenzione di chi ha a cuore…

8 dicembre 2016

David


Quel ragazzino di cui incontro spesso gli occhi
chiede amore e attenzione con gesti inusuali
Con lui vorrei che le parole non fossero così importanti
Perché quelle sbagliate non puoi rimangiarle

Mi piacerebbe che il mondo che vede ad occhi aperti
Somigliasse almeno un poco a quello che
sicuramente
vede ad occhi chiusi
Quel ragazzino mi si ferma spesso nel cuore
e mi piacerebbe che conoscesse saluti che sono arrivederci
E mai addii
Quegli occhi che mi parlano
Mi dicono che sarebbe bello se non esistessero i pensieri quadrati
E che le promesse si mantengono perché le mancanze si pagano
Mi dicono che sarebbe bello che la pazienza non avesse limiti
E che mille altre occasioni per lui fossero possibili
Perché mi ricordano che neanche la legge divina è uguale
per tutti
Si muove leggero
come di chi deve sempre stare attento a non far rumore
E tiene le cose in mano stringendole così forte
che gli puoi vedere le nocche bianche
Quel ragazzino mi piace perché mi fa alzare la testa
e inclinarla di lato

Raccontavo di lui nel 2009, ora quel ragazzino è cresciuto… ha studiato tanto, si è fatto valere imparando un sacco di cose. Ancora stringe le cose tanto forte, il suo cuore è ferito… ma il suo sorriso si è aperto e sento la fiducia crescere in lui. Cose belle da vivere...

31 agosto 2016

stiamo vicini


Amatrice 2016
Crollo
Speranza

stiamo vicini

3 agosto 2016

24 giugno 2016

in giardino


Giugno ventoso…

Le foglie degli ulivi chiacchierano con le vicine degli aranci

Si contendono l’aria e il sole.

Pure le fioriture e le visite dei fringuelli

Accettano il caldo di buon grado perché c’è il vento

che presta soccorso.

Io inseguo il sole. Come un’impaziente lucertola.

Ho sempre freddo. Guardo sempre il cielo.

Osservo e conservo.

Mi sono assentata. Sì.

Eppure le fioriture tutte mi mostrano

clemenza e mi restituiscono i colori di cui ho sete.

Scherzano col verde, i fiori amorevoli, con tutti i

verdi stagliati liberi e – a me pare –

leggeri.

-          Vedi…Le minacce non abitano qui.

15 giugno 2016

il 34°

Zizou su Instagram

2 giugno 2016

Alessia


Circa sette anni fa scrissi un post per raccontare la storia di Alessia e della sua grande determinazione. Oggi la ripropongo, per ringraziare e per attingere ancora un po’ di coraggio e di fiducia



12 gennaio 2009
Ho letto su alcuni quotidiani la storia di Alessia, una bambina che voleva fare l’archeologa…Crescendo, Alessia contrae una malattia neuromuscolare rarissima, in Europa colpisce una persona su 50 mila. Come tutte le malattie ha un nome quasi altisonante, Atassia di Friederich, e con tutta evidenza le impedirà di realizzare il suo desiderio professionale. Così, quando i medici le confessano che non potrà mai diventare un’archeologa perché questa malattia altera i movimenti, la deambulazione, la coordinazione…insomma, Alessia si affida alla penna. E con la penna erige un mondo fantastico, l’universo di Avelion, in cui la protagonista è “la figlia d’acqua” ed è solo liquidità. Alessia, che oggi ha 24 anni, si affida all’acqua, perché nell’acqua quel corpo difettoso perde gravità, scarica il peso delle gambe e si sente libera. In una intervista al quotidiano l’Unità dichiara semplicemente
“…il segreto è accettare quello che si ha, quello che si è, e scoprire tutto quello che si puo' fare…Se capisci quando e come stai bene, poi usi la volontà. Mi sono accorta che la volontà non ha limiti, certo non guarisco, ma vivo”
La volontà…
E’ tutto quello che può esserci dove non c’è costrizione o impedimento.
E’ quella soluzione a cui non si ricorre preferendo spesso comodi alibi.
La volontà è cambiare anche nell’immutabilità, sfidare divieti, alzare la testa e non abbassarla di rinuncia.
Avere forza di volontà
Volere è potere
Eppure quanta propensione a ricacciarla indietro questa volontà che cambia l’aria e porta nuovi aneliti e nuovi palpiti... Quando si rimane inchiodati al legno dell’immobilismo, quando tutte le voci che si affannano dentro di noi non trovano un accordo, non arrivano ad una risposta che muova i nostri passi, quando alla cura non corrisponde il rimedio… Arrendersi è semplice, arrovellarsi inutile se i tentativi rimangono in apnea. La volontà è questa ragazza che impossibilitata ad un equilibrio sulla terra, trova e sperimenta un’altra dimensione, liquida e leggera.
Ma la volontà…è tutto quello che ci resta?, come dice Alessia, è scoprire tutto quello che si può fare
Ho conosciuto un tempo in cui la mia volontà aveva la fermezza delle mie mani. Poi tutto quello che sai di volere e di potere cambia intorno a te, regolato dal Sole attorno a cui gira la Terra. Poi accade che le cose diventano meno sicure, i contorni un po’ confusi...
Per saperne di più sul lavoro di Alessia Mainardi
 www.avelion.it
http://www.alessiamainardi.net/

17 maggio 2016

quanti anni hai?



Età anagrafica ed età interiore… mentre verso la prima si organizza un banchetto di attenzioni a più livelli, si preferisce un sano tacere in merito all’altra. Che importanza dovrebbe avere il dentro?!
Del resto, quando fai una visita medica o compili una domanda attraverso un modulo prestampato, e ti chiedono l’età… non è che rispondi cinquanta ma me ne sento 30!

La prima decidiamo di presentarla al mondo come meglio possiamo, immagino entro i limiti della decenza…
Qualcuno ne fa un’arte, qualcuno la ostenta, qualcuno senefrega altamente.
L’età interiore, balla da sola, quasi mai con l’anagrafica. Qualche volta, le due, entrano in competizione. Così capita di incontrare volti curatissimi traboccanti giovinezza che rivestono animi invecchiati anche prima del tempo. E trovare giovinezza laddove l’età anagrafica inviterebbe ad una seriosità inappuntabile: guizzi di allegria e ironia su volti che hanno guardato la vita dritta negli occhi, che si sono misurati con cosepiùgrandi che hanno lasciato tracce. E non necessariamente ne vanno fieri, ma la naturalezza con cui fanno combaciare l’autenticità visiva con quella interiore li illumina.
Amo quei segni. Come tutto ciò che sa di vero.

1 maggio 2016

desideri reconditi



“Vorrei rimanere nel tempo
agave incolta
avvinghiata a questa terra.
Le anime ritorte degli ulivi al vento
schiudono a raggiera
in polverose carezze
ritagli di cielo e di astri.
E stesa su questo prato d’agosto
vorrei essere gioia di vivere. […]”

Antonia Pozzi
[da: E. Borgna: Di amore risuona e di follia, Feltrinelli, 2012]

28 aprile 2016

attese





















-che fai, non esci?

24 aprile 2016

insieme



Altre parole avremo
Per raccontarci
Altra polvere da soffiare
Altri nodi da sciogliere

Avremo impronte ancora da lasciare
Perché qualcuno arriva sempre dopo di noi

Costruiremo altre ghirlande
Per abbellire i nostri templi
Per far scattare una scintilla
Per conservare i palpiti che nascondiamo al mondo

Altre parole avremo
Per accarezzarci
Altre lame per ferirci
Altri occhi per ritrovarci

Altri confini avranno i nostri corpi
E altri nomi le nostre paure

Dentro alle cose ci si può perdere
Per questo
Insieme
la strada è maestra

20 febbraio 2016

Orazio


Villa Pamphili Roma

10 febbraio 2016

...perdonare...



E’ stato il caso oppure l’inconscio a farmi imbattere in un libro sul perdono scritto nel 2004 da Richard Holloway, ex vescovo di Edimburgo che a me è parso come una specie di Don Gallo anglicano.
Sono cresciuta, come tanti, in una cultura profondamente cattolica e mi sono interrogata spesso su alcuni concetti o predisposizioni dell’animo umano che forse non erano propriamente monopolio della Chiesa. Ecco, il perdono è tra questi. Il saggio è molto interessante per le incursioni nella filosofia, nella psicanalisi, nei testi sacri e nell’attualità. Soprattutto, mi risponde in maniera esaustiva laddove puntualizza e spiega molto bene la differenza tra religioni e istituzioni religiose. Prende in esame il concetto di “religione senza religione” espresso da Jacques Derrida e analizza alcune virtù, doti o sentimenti che non necessariamente sono riconducibili ad una appartenenza religiosa. Le Istituzioni religiose si sono arrogate il potere di veicolare alcuni sentimenti, come se da esse fossero scaturiti. Ma l’umanità, dove esiste, è una prerogativa dell’uomo. Non di una religione.
Se scollegati da ogni Istituzione, indulgenza e perdono sono atti profondamente intimi, cui si può scegliere di tendere oppure no. Non sono una persona rancorosa, dunque non credevo che un saggio sul perdono mi riguardasse o mi fosse anche solo utile. Sono caduta di fronte alla mia ignoranza, mi sono sbagliata. Intanto perché questa lettura ha fatto compagnia alle mie tristezze, e mi ha portato a riflessioni importanti per il mio percorso…
Poi, perché il perdono non è pensato solo verso gli altri, verso chi ci ha offesi, feriti, danneggiati ; l’indulgenza e il perdono delle proprie mancanze, di quelle parole pronunciate che sono diventate pietre per chi le ha raccolte… Più in generale, del male che possiamo aver fatto. Consapevoli o no.
Imparare l’indulgenza verso se stessi è un investimento, aiuta l’analisi della nostra vita e un po’ ci migliora.
Benché scritto da un teologo, il saggio soddisfa la mia impostazione laica e non mi sembra avere intenti moraleggianti. Si legge che perdonare non è imperativo, che si può comprendere e accettare chi non intende farlo… è umano. Perdonare però non significa dimenticare.
L’aveva espresso molto chiaramente Hanna Arendt… si può condannare per tutta la vita un’azione ma arrivare a perdonare chi l’ha commessa.
Quanto può risultarci inaccettabile questa prospettiva! Anche solo a sfogliare gli orrori, le atrocità, l’abominio di cui l’uomo è stato (ed è!) capace. Se ci soffermiamo su alcune ferite che ci sono state inferte e che per sempre ci hanno marchiati.
Sulle offese incancellabili.

C’è solo il perdono, se esiste, dove c’è l’imperdonabile [J. Derrida]

L’essenza del libro è riassunta bene in quarta di copertina:

“[…] La grazia del perdono incondizionato, che non aspetta il pentimento di chi ci ha offeso per elargire il suo dono, è il culmine della comprensione dell’altro e del mondo: non va annacquata, non va risolta in benevolenza generica. Essa accade, come la poesia.
Proprio la sua mancanza di ragioni, e se vogliamo la sua follia, è la risposta salvifica all’irrazionalità del male.”
Non è che ho bisogno di crederci, è che mi convince abbastanza l’idea del perdono (che tende al bene) contrapposto alla vendetta e al rancore corrosivo (che immobilizzano e tendono al male).

20 gennaio 2016

urgenze italiane



In Italia, almeno da ciò che si evince dagli organi di stampa e da quelli televisivi, abbiamo soprattutto due grandi problemi:
le unioni civili e i profughi.
Non il cosiddetto welfare che fa acqua da tutte le parti, no.
Il matrimonio tra omosessuali minaccia la famiglia tradizionale, e ancora non ho sentito una voce che mi spieghi in che modo una famiglia normogenitoriale possa di fatto essere danneggiata da un’altra omogenitoriale.
Sulle migrazioni mi sono già espressa più volte su questo blog.
In entrambi i casi, si tratta di alterità. Le due potenti e invincibili minacce che attentano alla solidità di questa società così accogliente, vengono dalla paura dell’altro. Del diverso.
Non c’è bisogno che mi ci provi io a dire perché l’alterità fa paura, decine e decine di pensatori hanno scritto pagine interessanti che, a volerlo, si potrebbero usare come strumento per smontare questa Paura. Quella dell’altro anche quando questo ci obbliga a fare i conti con la nostra di alterità.
Aveva ragione Rimbaud! "Je est un autre”... ma come dirlo?
Io non credo di essere circondata da alieni nella mia quotidianità, lo dico sinceramente.
Tra gli individui (esseri pensanti) con cui sono chiamata a confrontarmi, non c’è nessuno che si senta minacciato dalle unioni civili o dalle incontrollate ondate migratorie. Il problema urgente delle persone che incontro è la sopravvivenza, in una società con sempre meno servizi, meno diritti, meno solidarietà. Perché nessuno è così stupido da credere che i giovani, e meno giovani!, disoccupati… inclusi  quelli di cui parlano “che hanno smesso di cercare un lavoro” (!!!!)…diano la colpa della propria condizione a due uomini o due donne che si uniscono, con gli stessi diritti di mamma e babbo. Però gli organi di informazione seguitano a martellare le famiglie riunite a tavola con queste false impellenze dei cittadini.
E’l’Italia, Bellezza! Fanalino di coda dell’ Europa in temi di diritti civili.

15 gennaio 2016

i giorni prestati



Gli inverni erano davvero molto duri quando eravamo piccoli, ricordo nevicate mai più riviste e ricordo le stalagmiti sull’uscio delle case. Nella povertà della nostra casa capitava che, stretti stretti gli uni alle altre, ci lamentassimo del freddo, seduti intorno al braciere che diventava una divinità da adorare. Verso la fine di gennaio mia madre ci raccontava di una storia antica, che riguardava due pastori confinanti, e questa storia lei l’aveva sentita da sua madre e da sua nonna. Verosimilmente modificata come accade alle storie tramandate oralmente, così era arrivata alle orecchie di mia madre.
Gli ultimi tre giorni di gennaio (che poi corrispondono ai giorni della merla), raccontava mia madre, erano i più freddi dell’anno per un motivo ben preciso:
Si diceva che gennaio, per conto di un pastore molto invidioso del pascolo del vicino, avesse chiesto tre giorni in prestito a febbraio per poter fare vento e neve sul terreno del vicino, così da rovinargli il raccolto e indurlo alla miseria.
Febbraio acconsentì e, per questo, febbraio è il mese più corto.
Una vera e propria invettiva, una feroce bestemmia. Che tuttavia non sembrava restare impressa per la sua cruda cattiveria, non so cosa pensassero i miei fratelli e le mie sorelle… io me ne stavo con quell’incanto di un mese che presta due giorni ad un altro e tanto mi bastava.
Anche adolescente… ricordo momenti freddi e bui in cui andavo a comprare il latte appena munto da una vicina che tanto vicina non era… mi capitava di rabbrividire con la faccia sferzata dal vento e di pensare “ eh già… sono i giorni dati in prestito”. Come se la cosa fosse reale.
Forse è inevitabile in quelle comunità antiche in cui il sacro e il profano ancora si mischiano, e del sacro il più delle volte se ne infischiano.
Ogni Regione ha le sue storie e leggende, io a questa della mia isola ci sono affezionata. E per tutta la vita ho osservato il clima di quegli ultimi giorni del mese.
Come tante cose della Natura ormai stravolte, chissà se le condizioni climatiche sempre più preoccupanti seppelliranno anche questa storia. Che non è una bella storia, lo so. Però a me piace conservarla. Mentre continuo a preoccuparmi per il clima… e a patire il freddo come se mi trovassi in Siberia.

31 dicembre 2015

buon anno

Basta con le briciole... e basta elemosinare
Che sia un anno produttivo e solidale
Auguri a tutti di ogni bene :-)

23 dicembre 2015

Le figure che curano 2



A chi riesce ad essere un faro
e aiuta a districare matasse,
ad uccidere draghi e mostri invisibili
Tutta la mia incondizionata riconoscenza


Non c’è in un’intera vita

cosa più importante da fare

Che chinarsi perché un altro,

cingendoti il collo,

possa rialzarsi.

[Luigi Pintor]

18 dicembre 2015

luoghi



Il cimitero acattolico a Roma, precisamente dove tra tanti grandi poeti e pensatori, è sepolto Gramsci, è abitato anche da gatti di ogni età e colore. Hanno una casetta e un rifugio dedicati e i visitatori contribuiscono con un’offerta al loro mantenimento. E’ così bello guardarli mentre si aggirano tra le tombe con l'impeccabile sinuosità felina, o scoprirli distesi a prendere il sole su una lapide.
Mi piace pensare che ogni giorno scelgano un ospite diverso presso cui riposare.

Oggi vado a fare visita a Miriam Mafai…

Tra le tante tombe ricordo di aver notato quella di Keats e, appena quasi di fronte, la lapide di uno (a me!) sconosciuto presso il quale i turisti sostavano più che di fronte a Keats.
Ho preso nota e sono andata a controllare chi fosse tale Joseph Severn che meritava tanta particolare attenzione. E la ragione c’era!
Keats aveva disposto che sulla sua lapide venisse riportata questa iscrizione:
“Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell’acqua”
Così, quando giunse il suo momento, l’amico e pittore Joseph Severn fece scrivere sulla propria tomba la risposta a Keats:
“Keats! Se il tuo caro nome fu scritto sull’acqua, ogni goccia è caduta dal volto di chi ti piange”.

Bellissimo. Amicizia da brivido